Marketing, business e aziende in Second Life: il ruolo degli utenti attivi o active user nella comunicazione d’impresa.

Il ridotto numero degli utenti attivi in Second Life è una delle perplessità più frequenti sollevate dagli investitori. In effetti, la cifra orientativa di 500.000 active users attuale – che va poi ulteriormente frammentata in gruppi di utenti appartenenti alle varie nazionalità (a marzo gli utenti attivi italiani rilevati da Linden Lab erano 23.577) – rappresenta un ambito di mercato decisamente ridotto se si sviluppano delle azioni di marketing finalizzate proprio a usare come obiettivo questo campione di utenza.

Il timore di effettuare un investimento poco produttivo è fondato, ma si riferisce solo a quelle forme di utilizzo della piattaforma che puntano a sfruttare direttamente il target dei residenti già presenti al suo interno, come per esempio l’SL-commerce. Realizzare un impianto di commercio elettronico (e-commerce) dentro Second Life è un modello di business che può risolversi in un cocente insuccesso, proprio perché i numeri dei frequentatori sono troppo bassi e non riuscirebbero – quasi sempre neanche in tempi medio-lunghi – a fare recuperare l’investimento.

D’altronde l’utilizzo di Second Life (per com’è adesso) al fine di effettuare vendite dirette di prodotti non destinati a un uso interno al mondo virtuale si scontra innanzi tutto con la complessità del sistema di gestione delle transazioni economiche, che deve comunque, quasi sempre, rinviare a un sito Web esterno anche per garantire una migliore sicurezza.

In realtà ridurre l’investimento aziendale in sistemi Internet solo pensando al commercio elettronico significa tagliare fuori la maggior parte delle opportunità che Internet stesso offre a un’azienda. Il fulcro di ogni attività aziendale che sfrutta Internet è infatti la comunicazione, a partire dal semplice scambio di informazioni fino ad arrivare, come estrema ratio, proprio al perfezionamento del processo di vendita.

Il difetto più evidente della limitazione di Second Life alla considerazione di un semplice numero rappresentativo dell’utenza in atto è nell’incapacità di valutare l’Internet attuale nella sua totalità, ossia come un insieme complesso di strumenti differenziati in grado di aumentare esponenzialmente l’effetto sulla comunicazione se usati in un mix vincente.

A differenza di quello che era negli anni ’90, oggi Internet è un amalgama continuo di soluzioni e ambienti di comunicazione differenti che dialogano e si interfacciano, ciascuno con caratteristiche particolari e tipiche. L’obiettivo di un buon piano di comunicazione che sfrutti Internet è quello di mettere insieme diverse soluzioni di comunicazione in un sistema complesso e fluido, con il quale avvicinare il pubblico e offrirgli la possibilità di diventare egli stesso protagonista nel rapporto con l’azienda.

Un esempio è quello di creare un sito aziendale che comprenda contemporaneamente un blog, uno spazio in cui gli utenti possono dialogare, uno spazio in cui l’azienda stessa fornisce le sue informazioni istituzionali e di prodotto, uno spazio in cui gli utenti possono manifestare i propri punti di vista e il proprio modo di essere, aggregarsi in base alle affinità di interesse, aprire relazioni. Lo scopo di una comunicazione aziendale contemporanea ben articolata è proprio quello di permettere agli utenti di esprimersi attraverso gli stimoli offerti dall’azienda stessa, con il suo brand e i suoi prodotti.

In questo senso si sta vivendo un momento in cui il prodotto stesso va proposto come stimolo per offrire ai consumatori una possibilità di scelta consapevole e attiva, e non più come un oggetto da propinare a un pubblico da imbonire e da mantenere in uno status di passività. In questo senso l’azienda vincente è quella che cerca un dialogo con il suo pubblico proprio creando sempre nuove occasioni di stimolazione e di riflessione. L’azienda vincente è quella che riesce a esprimersi con le idee dei propri utenti, facendo sì che siano questi stessi a far propri gli stimoli che l’azienda riesce a produrre.

In questo contesto, nessuno strumento è definitivamente da privilegiare. Soprattutto nessuno strumento vale in sé per una ragione numerica. Quello che conta è innescare dei processi di comunicazione, che possono rincorrersi da un ambito all’altro di Internet. Una notizia appresa in un blog frequentato da una sessantina di persone, se molto stimolante, può diffondersi a macchia d’olio in innumerevoli altri blog non controllati direttamente dall’azienda, su pagine personali di utenti inseriti in portali di social networking, in pagine di magazine ufficiali gestiti da editori professionisti, fino a diventare argomento di chat e di conversazioni fuori dall’universo internettiano. Insomma l’obiettivo è fare girare la prima ruota di un processo di comunicazione fornendo dei contenuti forti e coinvolgenti che i primi destinatari possano fare propri intellettualmente e, soprattutto, emozionalmente.

È in questo senso che Second Life può essere un’ottima prima ruota, indipendentemente dal numero reale di utenti attivi al suo interno. A condizione, ovviamente, che si sappia uscire dalla logica della presenza passiva che ormai non funziona più neanche sul Web. Realizzare infatti un luogo in Second Life in cui l’azienda presenta una galleria statica dei propri prodotti o servizi significa fraintendere totalmente la potenzialità dello strumento, che invece si presta perfettamente a creare situazioni di interazione tra gli utenti di carattere profondamente emozionale. In questo modo, un evento ben progettato che si rivolga anche soltanto a una cinquantina di partecipanti e viene poi riflesso, menzionato, commentato in spazi sul Web direttamente gestiti dall’azienda – in modo da diffondere al massimo i contenuti dell’evento stesso secondo una logica virale – può rappresentare un modo per portare a conoscenza aspetti dell’azienda che nessun’altra modalità (a parità di investimento) può ottenere.

Il problema, alla base di tutto, non è la quantità dei partecipanti. Ma la capacità di renderli attivi e coinvolti fino in fondo. Se questo accade, in breve tempo scaturisce una diffusione a macchia d’olio dei contenuti proposti che si basa sull’attività diretta delle persone. Un’attività che creerà un rapporto di lealtà stretta tra aziende, prodotti e consumatori, in una forma che i media tradizionali non potranno mai stabilire.